mercoledì 18 marzo 2009

Elisabetta Bucciarelli ospite del blog

Rumori di fondo
12 marzo 2009


Elisabetta Bucciarelli ospite del blog
Ho avuto l’occasione di fare due chiacchiere con Elisabetta Bucciarelli, giornalista freelance e autrice di testi d'arte, conduce la rubrica GialloFuoco su BOOKSWEB.TV.
Elisabetta ha scritto per il teatro, la televisione e il cinema.
La sua sceneggiatura Amati Matti ha partecipato alla 53° Biennale del Cinema di Venezia ottenendo una menzione della giuria.
Ha pubblicato i saggi Io sono quello che scrivo; la scrittura come atto terapeutico, Le professioni della scrittura (Sole 24ore) e una serie di racconti distribuiti tra quotidiani e antologie.
Nell'autunno 2005 è uscito il suo primo romanzo Happy Hour (Mursia). Nel 2007 esce Dalla parte del torto (Mursia). Nel 2008 esce Femmina de luxe (Perdisa pop).
Il 7 maggio 2009 uscirà Io ti perdono per ColoradoNoir/Kowalski, due marchi legati al Gruppo Feltrinelli.

Grazie Elisabetta per la tua disponibilità.
Dunque, “Femmina de luxe“ sembra che abbia suscitato molto interesse. Hai detto : “è una storia noir sul corpo e sulle sue modificazioni naturali e forzate e sulla ricerca smodata di una perfezione presunta e irraggiungibile.” Spiegaci meglio.
EB: Femmina de Luxe è infatti un libro sul corpo. Soprattutto sul corpo delle donne. Il corpo che diventa cibo, troppo o negato. Il corpo distorto, incompreso, deforme. E il corpo perfetto. Che ciascuna di noi desidera avere, che ciascun uomo spera di incontrare. Ma il corpo ha una valenza anche simbolica: è l’incontro con ciò che non conosciamo, con una Natura benigna e maligna che non possiamo (per fortuna) costringere ai nostri voleri (e piaceri). Quindi alla fine Femmina parla della nostra incapacità di accettarci per quello che siamo davvero. Ammesso di averlo veramente capito cosa siamo davvero.
Il mito della perfezione fisica, dell’apparire giovani, dell’apparire invece che essere. Perchè ti ha colpito questo tema e secondo te questo “male” colpisce soprattutto le donne o anche gli uomini?
EB: E’ il male del nostro tempo. Non è solo applicabile al lato estetico, al corpo o all’apparenza. Ma anche a quello professionale. La vanità maggiore, i veri peccati di presunzione, la violenza cui sottoponiamo noi stessi e gli altri, viene esercitata, per esempio, soprattutto in ambito professionale. Essere degni o non esserlo, capaci di raggiungere vertici di potere e comando, o al contrario teorizzare un’estetica della bruttezza e della povertà, tutte queste sono le facce perverse dello stesso problema. Continuiamo a giudicare, gli altri ma anche noi stessi, credendoci migliori e auspicandoci perfetti.
Perché si fa sempre così tanta fatica ad essere autentici e si cerca in tutti i modi di essere “belli solo in superficie”? Oppure, viviamo in una società dove l’autenticità, e quindi anche il difetto fisico, o anche solo il semplice non essere strafighi sono non-valori? Bisogna essere perfetti per forza?
EB: Il desiderio maggiore è diventare come gli altri ci vogliono. Se ci riusciamo ecco arriva il successo. Se questo risulta impossibile, perché in qualche modo siamo “deformi”, sia nel fisico che nell’anima, allora iniziamo la nostra opera distruttiva. Nei confronti del mondo e, peggio, anche verso noi stessi. Anoressia e bulimia, ma anche autolesionismo. Oppure giustificazioni e prediche. Invidia e indifferenza.
I modelli che vengono proposti alle donne sono sempre vincenti, e quindi molto maschili. Le protagoniste di Femmina de luxe, Olga e Marta, vivono queste contraddizioni?
EB: Non direi. Olga e Marta sono femmine. E questo per me è un gran passo avanti. E’ già un successo recuperare la femminilità che ancora tanto infastidisce le anime deformi, che la considerano ancora un contenuto repellente. Olga e Marta, invece, sono femmine fino in fondo, ma mentre la prima, nonostante i chili di troppo, è alla ricerca di una presunta perfezione emotiva: essere amata per quello che è. La seconda, di per sé perfetta e desiderata, cerca di assomigliare all’immagine armonica e senza difetti della donna angelicata e androgina. Poi ci sono le bambole in mano agli uomini, le femmine de luxe, le escort che vivono per compiacerli, diventando giocattoli di gomma con cui tranquillizzare le coscienze. Infine il modello “superiore” di donna in carriera. Una maitresse che non ha nemmeno la libertà di invecchiare.
Quanto c’è di te in Maria Dolores Vergani? Ci sono altri personaggi dei tuoi libri che ti assomigliano?
EB: Molto poco. Sia per formazione che per situazione sentimentale. Mi assomiglia solo per i gusti. Ama l’arte, crede nell’amicizia leale, ed è più attenta alla verità delle cose che alla giustizia formale. C’è un po’ di me in tutti i personaggi, come ci sono molte persone che ho conosciuto e altre che ho solo osservato. Devo dire che ho scelto il noir anche per evitare di raccontare il “mio ombelico”, per quanto interessante possa essere.
Milano. Lo senti anche tu l'aroma di indifferenza, di falsità, di soldi che girano intorno ai mattoni e agli EXPO, la gente che perde il posto e quella che se ne fotte perchè c'ha l'X5 pagato dalla ditta, e la voglia di ronda che ti gira intorno?
EB: Certo che la sento. E la sto raccontando fin dal primo romanzo Happy Hour. Amo Milano, ma non ti nego che spesso mi sembra di non riconoscerla. Arroganza e prepotenza sono all’ordine del giorno. Dobbiamo combattere con le armi che abbiamo. La penna e la cultura.
Io credo che il lettore si meriti di avere davanti degli spazi aperti, mondi dove possa entrare e provare a sentirli suoi. Credo che ogni lettore cerchi una parte di sè in quello che legge. Che ne dici?
EB: Ogni lettore è un magnifico mondo a sé. E cerca cose diverse in momenti diversi. Il mio lettore sa che può contare su alcune cose precise. Non racconto mondi inventati, né sentimenti fasulli. Non voglio semplicemente intrattenerlo. Mi piace farlo sorridere ma non consolarlo con un happy end finto e stucchevole.
Da pochi giorni in libreria la bella antologia "Alle signore piace il nero" (Sperling), curata da Barbara Garlaschelli e Nicoletta Vallorani, con un racconto tuo, poi ci sono Marini, Covito, Lama e tante altre. Vuoi dirci qualcosa del tuo racconto? Un noir al femminile è una bellissima idea: sai come è nata?
EB: Alle signore piace il nero è un'antologia nata dalla volontà delle curatrici Barbara Garlaschelli e Nicoletta Vallorani e dell'editor di Sperling Ilde Buratti. E' un'esperienza letteraria legata a tutte le declinazione del nero e alle sue infinite sfumature. Per ammissione delle curatrici la scelta è avvenuta puntando sulla qualità della scrittura e questo è un grande complimento per tutte noi. Il mio racconto Primo pelo, è naturalmente, nerissimo. Fa parte del mio progetto/ossessione. Dal 1995 scrivo solo ed esclusivamente storie (nei romanzi e nei racconti) guardate e vissute dal mio personaggio femminile: Maria Dolores Vergani. In ogni racconto c'è un'informazione nuova e inedita su di lei. Una tessera di un mosaico che forma un disegno più grande. Una specie di puzzle dove ogni pezzetto vive in modo autonomo, ma tutti insieme compongono il personaggio compiutamente. In Primo pelo la Vergani dovrà vedersela con altri corpi e non solo umani; madri tremende e uomini assenti.
“Credo che la scrittura debba fare male, scoprire i nervi e provocare cortocircuiti. Gli scrittori sono troppo indulgenti con il mondo intorno, cercano la fama e il profitto, una fetta di torta qualsiasi. A me interessa illuminare zone di buio, con le mie storie, i miei personaggi, il mio stile. Dentro quel buio ci sono anch’io, ci siamo tutti noi.” Lo dice Luigi Bernardi. Che ne pensi?
EB: Completamente d’accordo. Infatti sono dei “suoi”.
Come si fa a non scrivere cose pallose? Secondo Miles Davis, “non bisogna suonare quello che c’è, ma quello che non c’è”. Come fa uno scrittore a scrivere “quello che non c’è”?
EB: Non lo so, dovresti chiederlo a lui. Io scrivo quello che c’è (e suono a orecchio) e non mi sembra di essere pallosa. Lui era un grande musicista, forse con la musica cercava anche una via di fuga.
Hai una notevole esperienza nel mondo del cinema. Come si scrive, rispetto ad un romanzo o un racconto, in quel mondo?
EB: Dialoghi e azioni. Devi dimenticarti riflessioni e monologhi interiori. E’ una grande palestra.
Come lavori, praticamente, quando scrivi un romanzo? C’è differenza tra romanzo e racconto, per te?
EB: Lavoro tutti i giorni, cinque o sei ore al giorno, finché non ho terminato. Non faccio scalette e rileggo tutto ogni mattina. Per i racconti invece, penso all’inizio e alla fine, e poi inizio a scrivere.
Un autore o un libro che ami alla follia.
EB: Amo Simone de Beauvoir, e il suo Memorie di una ragazza perbene; ma anche James Barlow, Autore del bellissimo Torno Presto.
Un film che ami alla follia.
EB: Blade Runner.
Quali sono le prime cose che ricordi di aver letto, da bimba proprio, e ti hanno affascinato?
EB: Ho iniziato con i fumetti: leggevo Zagor e Topolino. Poi Tom Sawyer e Piccole donne.
La prima cosa che hai scritto e che hai fatto leggere a qualcuno, e cosa ti hanno detto.
EB: Una silloge di poesie in terza elementare. La maestra mi ha detto brava, continua a scrivere.
Che musica ascolti?
EB: Bob Dylan, Jamiroquai, Jhon Hiatt, De Andrè, Amy Winehouse e tutto il jazz possibile e immaginabile.
Un detto cinese dice che per aver vissuto compiutamente bisogna aver fatto almeno tre cose nella vita: piantare un albero, fare un figlio, scrivere un libro. Che ne pensi?
EB: Le ho fatte tutte e tre ma non mi sento di aver ancora vissuto compiutamente… proprio per niente. Per esempio devo imparare ancora a perdonare. Il prossimo libro Io ti perdono, parlerà anche di questo.
Ti sei fatta qualche Guacamole al latte, ultimamente?
EB: No, infatti sono in astinenza. Ma guarda che il Guacamole contiene la panna acida, non il latte ;o)

Grazie!
Sergio Paoli

domenica 15 marzo 2009

Impressioni di lettura

The lady is a tramp
6 marzo 2009

Qui l'originale


Femmina de luxe, Elisabetta Bucciarelli, Perdisa
Un gioiellino. Un concentrato di bella scrittura ed emozioni in 120 pagine di un librino anche graficamente molto accattivante.
Bellezze e bruttezze quotidiane, che ci passano accanto tutti i giorni. 
Olga la cicciona, Laio il pazzo, Olmo il viscido, Marta la fragile. 
Milano, l'opulenza e lo squallore.
Da rifletterci sopra.
p 40 : La telefonata finisce presto e senza dare altre comunicazioni. Le attese generano mostri. Quelle emotive guai seri.

Regalare un libro: Femmina del luxe

Regaloragazza.com
29 gennaio 2009
Qui l'originale


Regalare un libro può essere sempre una buona idea se indirizzato a una ragazza che legge. Scegliere il titolo però può essere difficile, ma con questo probabilmente non sbaglierete: Femmina de luxe!
La trama è la seguente: “Olga è una ragazza morbida e indifesa, alla ricerca dell’uomo della sua vita. Marta, acuminata dall’ambizione, si sacrifica all’idolo della perfezione estetica. Che cos’hanno in comune? Entrambe provano a essere femmine di lusso, l’avanguardia del piacere, donne perfette fatte di protesi e speranze, capaci di soddisfare uomini di raffinati desideri e grandi fantasie. Forse entrambe tradiranno le aspettative, trasformandosi in semplici vuoti a perdere, oppure una di loro resterà, ritrovando nell’ostinata innocenza dell’amore una salvezza che a questo mondo pare impossibile.” Sul sito Thriller Cafè c’è una recensione esaustiva a “Femmina de luxe“. Per acquistarlo, il mezzo più semplice è comprarlo su IBS.it

Questa nuova dimensione che...

Agoravox.it
9 marzo 2009
Qui l'originale

Una domenica pomeriggio di sole dopo settimane di pioggia. Una serie ordinata di stand e pubblicazioni.
E un certo sentire, tattile quasi, sulla ‘dimensione delle storie’ che sta cambiando.
Il sette e l’otto marzo 2009, sabato e domenica, al Foro Boario di Modena (zona centrale attaccato al famoso Parco Novi Sad, lo stesso dove Pavarotti si esibiva annualmente con i suoi friends) si è svolta la seconda edizione del Modena Book Festival. Poca pubblicità, scarsa divulgazione perfino on line, non è facile reperire informazioni su questa manifestazione nata nel 2008 con l’intento di seguire il prestigioso esempio di Roma avvicinando i lettori locali alle medio piccole case editrici.
Lo spazio non manca, gli stand sono ben disposti, c’è spazio per girare, curiosare e chiedere. Qualche evento che non guasta, da seguire anche di passaggio, nel piccolo spazio di un ambiente destinato allo studio e prestato alla cultura. Ma. Qualcosa nell’aria c’è, qualcosa che muove energia creativa, qualcosa che spinge le storie verso ‘dimensioni inusuali’, meno convenzionali, forse sperimentali direbbe qualcuno, forse strane commenterebbe qualcun altro. Tutto quello che so è che ho comprato, spinta da quest’onda, ascoltando dibattiti e annusando copertine. La dimensione delle storie si intrufola tra tempi brevi, spazi piccoli ma pieni, intensi. Ed è un formato tascabile, spesso, che si legge a sorsate ma che riempie.
Femmina De Luxe di E.Bucciarelli (PerdisaPop- Babele Suite, 2008);
Si muore bambini di N.Vallorani (PerdisaPop – WalkieTalkie, 2008);
L’ora del diavolo di F.Pessoa (Voland, 1998);
Tamarri di Remo Bassini (Historica- Collana short cuts, 2008).
Ma anche dimensioni recuperate, in formati dai sapori ferrosi, limpidi e ancora vicini a quel piccolo portarsi in giro oggi storie e versi di altri giorni, scritti in un passato non poi così lontano.
L’enigma e le maschere di F.Pessoa (Mobydick, 1993)
Il principe Otto di R.L.Stevenson (Nottetempo, 2002).
Infine una dimensione forse parallela, magari solo inusuale e per questo piena di colori e odori sorprendenti, una dimensione dove le parole si possono ascoltare, dove le storie si fanno voce e i versi canti.
Pianodeltablues da una storia di G.Leotta e G.Rigosi, Matteo Belli and Faxtet (Mobydick, 2009)
Confessioni.com di Elena Bucci and Faxtet (Mobydick, 2008)
Villes, visions di Sylviane Dupuis, musiche originali eseguite da Faxtet (Mobydick, 2004)
Queste nuove dimensioni le ho sentite, esistono.
Nelle storie che mi sono portata via, che adesso aspettano letture, decompressioni, ascolto.
Negli odori di carta e plastica.
Nell’idea, forse illusoria ma anche no, che nelle piccole realtà editoriali si muove un‘sentire’che aspira a essere grande.

Barbara Gozzi

Femmina de luxe

Contaminarsi
11 marzo 2009

Qui l'originale

Le femmine de Luxe di Elisabetta Bucciarelli sono senza dubbio un campione rappresentativo di ciò che oggi è l’evoluzione di una certe specie umana, dove il lusso assume connotati diversi, ma forti, marcati e pericolosi.

“Le femmine di lusso pregano Dio perché possa abbeverarle alla coppa del benessere e del piacere e fare di loro il simulacro della vita nuova. Fatte di protesi e di speranze, di aspettative e traguardi. Per gratificare e concedere piacere. “
(pag. 115)

C’è il lusso del cibo che è bisogno di pienezza, necessità insaziabile ma che non scatena disagio bensì l’abilità di scegliere e modificare abiti capaci di esaltare le forme enormi, capaci di far girare i volti per strada, è l’enormità splendente, luccicante.

“Olga non voleva dimagrire. Per lei il suo peso era l’identità. La sua gaudente identità. A dispetto delle mode e delle convenienze. E forse anche della salute.”
(pag.53)

Ma c’è anche il lusso di apparire con un corpo plasmato e proporzionato rispetto ai canoni estetici moderni a dispetto delle effettive conformazioni fisiche, dunque un lusso anelato, disperatamente cercato e che crea disagio in chi non lo raggiunge.

“A prima vista non sembrava proprio aver bisogno di ridurre nulla, ma si sa, è il come ci immaginiamo a valere assai più di come siamo. Aveva fatto tutto quello che poteva.”
(pag. 19)

Poi il lusso della perfezione, di quel tipo di perfezione che oggi è eleganza mescolata con la sapiente arte di valorizzarsi con stile, levigandosi e plasmandosi per un mondo che (forse) esiste solo tra le pieghe di abiti glamour costosissimi e dentro la lingerie griffata e trasparente.
Infine un altro tipo di lusso, più sottile e pieno a sua volta di gradazioni, quello di essere una donna a caccia di colpevoli in una realtà capovolta dove si rincorre un fantasma che ha preso di mira le poche cabine del telefono rimaste ('preso di mira' in senso letterale, con annessa merda coinvolta) e dove la scomparsa di una ragazza, poi divenuta morte, finisce in un angolo, quasi fosse normale, scontato trovarla così, priva di vita e bella, con un recente intervento di liposuzione probabilmente mal riuscito.
L’impressione è che questo romanzo non è un giallo nemmeno un thriller, né lo era nelle intenzioni originali, sembra. C’è così tanta attenzione per il sociale, per realtà di frontiera, borderline in modo diverso, cura quasi maniacale nel presentare e sottolineare dettagli, manie, ossessioni, fissazioni, convinzioni dal sapore amaro del contrario. C’è un preciso odore, tra le pagine, quello dell’osservatore che racconta una storia ma non è del finale che si preoccupa, tanto meno del morto (che comunque c’è, non da subito ma è atteso), l’attenzione è tutta per loro, per questi personaggi presentati con immediatezza, onestà eppure molto meno bizzarri di quanto si possa immaginare.
I personaggi maschili riflettono le nevrosi, le confusioni e la perdita del ruolo certo, di taluni uomini di oggi, perfettamente bilanciati con le controparti in gioco.
Elisabetta Bucciarelli scrive senza fronzoli, asciutta e veloce (a tratti anche troppo) con la preziosa capacità di presentare le storie colpendo il lettore, proseguendo con uno svolgimento sapiente, che non toglie nulla all’attesa e le permette di gestire scenari diversi e incastri sorprendenti. Il linguaggio è scelto con cura e scalpello, volutamente forte, accurato.
La lunghezza e il formato del romanzo sono vincolati alla collana di pubblicazione, è un ‘piccolo’ libro adatto alle borsette, le tasche delle giacche, trasportabile con grande facilità. E in tempi di corse, di fatiche e disagi mi pare una scelta azzeccata, un modo per avvicinare il mondo della letteratura a quello della gente che battaglia con giornate, routine e problemi. Allo stesso tempo non posso ignorare il vago senso di sospensione rimastomi addosso a lettura ultimata. In questa storia la Bucciarelli ha lasciato molte tracce, spunti di riflessioni su questo nostro vivere oggi, sull’essere donna oggi, sull’essere di lusso e sulla mera sopravvivenza. Spunti a mio avviso importanti, sapientemente inseriti ma sviluppati con il grosso vincolo della lunghezza. Una trama come questa, così ben presentata meritava – forse – la possibilità di non doversi preoccupare della fine delle pagine. Forse.

“Era lì Marta. Sdraiata tra i laterizi. Sporca di cemento. Abbandonata. Sola e morta. Nella voragine della ferita purulenta alimentata da ruspe e scavatrici. Uno scempio nello scempio. La Vergani si guardava intorno e non parlava. Era vestita da donna, con le ballerine immerse nel pantalone e i capelli ancora umidi. Inadeguata.”
(pag.62) 

Femmina de luxe di Elisabetta Bucciarelli
PerdisaPop
collana Babele Suite diretta da Luigi Bernardi
Isbn: 978-88-8372-462-7
Pag.120 - E.9,00

martedì 10 marzo 2009

Femmina de luxe

La libreria di via Volta
10 marzo 2009
Qui l'originale

Marta non è rientrata a casa. Nessuno ha più sue notizie. Almeno finché una mattina non viene trovata morta in un cantiere, il cappotto abbottonato, nessun segno apparente di ferite.
Ad indagare sul caso sono chiamati l’ispettore Maria Dolores Vergani e il suo collega Funi.

Intrighi, intrecci di personaggi a tratti bizzarri si dipanano e si aggrovigliano alla stessa velocità sotto i nostri occhi in queste pagine. In queste pagine, intense e coinvolgenti, dove un giallo ci rapisce, si somma ad altri misteri portandoci in diverse città, in diversi ambienti sociali, in diversi contesti.

Che cosa si nasconde dietro alla morte di Marta, la mite fisioterapista, riservata e timida?
Che cosa si nasconde dietro agli atteggiamenti di Olga, altra protagonista del libro? Olga che ammiccava sempre, che “voleva un uomo. Camminava per strada e si rifletteva nelle vetrine”.
Che cosa lega queste donne? Ma soprattutto: è davvero l’omicidio la cosa più orripilante di questo breve romanzo?

Lo scoprirete leggendo. Scoprirete legami, ma anche solitudini sullo sfondo della femminilità e del desiderio. E li vedrete lì, tutti insieme i personaggi: “la madre della figlia perfetta prega Dio perché l’accolga in Paradiso. L’uomo di alta classe, elargisce offerte e prega Dio perché niente possa mai deturpare la bellezza della vita. Le femmine di lusso pregano Dio Perché possa abbeverarle alla coppa del benessere e del piacere e di fare di loro il simulacro della vita nuova”.

Recensione di Silvia Passini (Lifegate Radio)

Femmina de luxe di Elisabetta Bucciarelli (Perdisa editore, 9 euro)

Femmina de luxe: un assaggio

Sinestetica.net
10 marzo 2009
Qui l'originale

Un assaggio della recensione pubblicata pochi minuti fa su La poesia e lo spirito.
Un libro complesso, dalle tematiche delicate, che ha meritato un trattamento particolare. L'univocità di un solo sguardo non sarebbe stata sufficiente ad analizzare tutte le sfaccettature e gli spunti forniti dalla trama e dai personaggi.

«L’idea di una recensione scritta a quattro mani non è peregrina quanto può sembrare a prima vista: abbiamo entrambi assistito alla presentazione romana del romanzo di Elisabetta Bucciarelli, abbiamo conosciuto di persona l’autrice, abbiamo ascoltato il dibattito che ne è seguito – interessante come capita di rado in occasioni del genere.
Ci siamo poi confrontati sul contenuto del libro – e anche sulla forma: elemento importante e da non trascurare. Il formato della collana è in un certo senso vincolante per la lunghezza del romanzo. Ci sono intrecci e personaggi cui ci si affeziona come a dei cari amici e che si vorrebbe non ci abbandonassero tanto presto. Succede proprio così con Femmina De Luxe, centosedici pagine dense di umanità nell’accezione più positiva del termine. 
Sesso, cibo, la “perfezione” dei corpi: questi sono gli argomenti cardine del romanzo di Elisabetta Bucciarelli. Una storia che è una telecamera ad alta definizione, e che l’autrice utilizza sapientemente per scavare nelle pieghe più oscure dell’animo umano. Perché le dicotomie tra dentro e fuori, tra pieno e vuoto, tra apparenza e sostanza sono i puntelli dell’intreccio. Uno iato che sembra incolmabile».
Gaja Cenciarelli

«Femmina De Luxe» di Elisabetta Bucciarelli

La poesia e lo spirito
10 marzo 2009
Qui l'originale

« PROVOCAZIONE IN FORMA D’APOLOGO 102Bicicletta »
«Femmina De Luxe», di Elisabetta Bucciarelli [Edizioni PerdisaPop]
di Gaja Cenciarelli ed Enrico Gregori


L’idea di una recensione scritta a quattro mani non è peregrina quanto può sembrare a prima vista: abbiamo entrambi assistito alla presentazione romana del romanzo di Elisabetta Bucciarelli, abbiamo conosciuto di persona l’autrice, abbiamo ascoltato il dibattito che ne è seguito – interessante come capita di rado in occasioni del genere.
Ci siamo poi confrontati sul contenuto del libro – e anche sulla forma: elemento importante e da non trascurare. Il formato della collana è in un certo senso vincolante per la lunghezza del romanzo. Ci sono intrecci e personaggi cui ci si affeziona e che si vorrebbe non ci abbandonassero tanto presto. Succede proprio così con Femmina De Luxe, centoventotto pagine dense di umanità nell’accezione più positiva del termine.
Sesso, cibo, la “perfezione” dei corpi: questi sono gli argomenti cardine del romanzo di Elisabetta Bucciarelli. Una storia che è una telecamera ad alta definizione, e che l’autrice utilizza sapientemente per scavare nelle pieghe più oscure dell’animo umano. Perché le dicotomie tra dentro e fuori, tra pieno e vuoto, tra apparenza e sostanza sono i puntelli dell’intreccio. Uno iato che sembra incolmabile.
Olga fa la guardarobiera alla Scala. Vuole un uomo per fare sesso. Olga è irrimediabilmente grassa. Per Olga cibo e sesso (solo per Olga?) sono inscindibili.
«Aveva sempre fame. Fame a ogni ora, fame di qualsiasi cosa. Doveva addentare, mordere, gustare, divorare, assaporare. In ogni momento della sua esistenza pensava al cibo. In continuazione. Sempre. Il solo tormento che, una volta in azione, la portava all’estasi. Da Gattullo a divorare paste ripiene, da Rachelli mitiche brioche, da Marchesi, supremo cioccolato. Tutte le specie, tutte le gradazioni. Dal bianco latte al nero fondente, amaro, che scrocchia sotto i denti. Cliente d’eccezione, non l’unica, ma tra i migliori. E via da lì si fiondava leggiadra e gaudente con le endorfine ai massimi, nel primo negozio di mutande e reggiseni. Così, per dare un’occhiata, per guardare se qualcosa di nuovo per lei fosse arrivato. Con il tempo si era guadagnata la simpatia delle anoressiche senza tette dietro al bancone. Idrovora di cibo e coordinati. Da lì partiva un altro tormento. La caccia all’uomo. Quel giorno l’aveva visto camminare sull’altro marciapiede. Stralunato e incurvato. L’aveva guardato con cupidigia, come si fa con un supplì, aveva aspettato che il suo sguardo si accorgesse di lei. E quando l’uomo, stupito e stranito l’aveva intercettata si era aperto in un sorriso, aveva risucchiato la sigaretta e le aveva fatto un cenno del capo. Come un sì. Così lei l’aveva vissuto. Non le accadeva spesso. Non le accadeva mai. Si era fermata, lo aveva immobilizzato con gli occhi e saltellando baldanzosa lo aveva raggiunto vedendolo dolce e salato al tempo stesso».
Olga, che mai nessuno chiama al telefono, che non ha mai avuto un uomo in vita sua, conosce Cavallo Lesso, un ex tossico, curvo e stralunato, che suona il jazz. E conosce anche il Pazzo dell’Arte, la cui attività preferita è quella di imbrattare cabine telefoniche di escrementi. Olga si piace grassa, ma gli unici uomini che la prendono in considerazione sono due “scarti” della società.
All’estremo opposto – sotto il punto di vista prettamente fisico - di Olga c’è Marta. Bella, un fisico quasi perfetto (solo un lieve accumulo di adipe sui fianchi) dolce: fisioterapista. Il suo corpo – è fondamentale notare che Marta è solo un corpo, in questa storia che la vede protagonista – viene ritrovato sporco di cemento, sdraiato tra i laterizi del cantiere delle ex Varesine. L’ultimo affronto alla bellezza: Marta non è che immondizia. La sintesi dell’imperfezione e della lordura.
Chiamata a indagare sulla morte di questa splendida ragazza è l’ispettore Maria Dolores Vergani, una donna forte e dolente, laureata in psicologia e alle prese con la richiesta di trasferimento del suo collaboratore più stretto – l’agente Mauro Marra, innamorato di lei. Sotto questo aspetto la Vergani è la personificazione del no. Marra, invece, è (fin troppo) orientato verso il sì: una Molly Bloom declinata al maschile.
«È perché sei un poliziotto che continui a cercare altro all’infinito. Ti sei già sposato due volte. Hai da poco una nuova relazione. Aumenta le responsabilità, impegnati di più, vedrai che l’orizzonte si rischiara. Anche le cose che rinunci ad avere provocano emozioni forti. A volte anche più forti, credimi», dice la Vergani a Marra. Che pensa: «Le attese generano mostri. Quelle emotive guai seri». Una frase che costituisce, in un certo senso, la summa di Femmina De Luxe.
Chi tira le fila delle aspettative di chi aspira a un corpo perfetto? Chi fa della bellezza un traguardo da conquistare a tutti i costi?
«Le femmine hanno valore solo se sono di lusso, vuoti a perdere quando disattendono le aspettattive». Parole di una donna.
Il desiderio di Olga e di Marta è lo stesso: vivere con la consapevolezza di essere giuste, accettate; sentirsi immerse nel mondo e nel suo continuo fluire. Annullare la distanza tra se stesse e la gente. Olga accumula strati di grasso quasi a voler colmare l’abisso che la separa dalla vita – e qui si torna allo iato cui accennavamo poc’anzi -, Marta toglie carne perché le sembra di soffocare, oppressa da un’esistenza determinata da un corpo in cui non si riconosce. Due modi diversi per ottenere lo stesso risultato. Un’altra dicotomia irrisolta che culminerà in un finale drammatico per entrambe.
C’è, in Femmina De Luxe, una straziante malinconia che insiste in ogni pagina. È come una carezza triste, una sorta di addio ripetuto, un sussurro rassegnato. Merito di uno stile che veste la storia alla perfezione. Merito dell’accurato evitamento di ridondanze lessicali. Eppure Elisabetta Bucciarelli riesce ad assestare pugni che stordiscono proprio in virtù di questa sua capacità: le frasi a effetto – per contrasto – sono ancora più devastanti, risaltano come la ferita aperta su una pelle perfetta.
«A una ragazza senza padre, manomessa, senza la parola si poteva fare anche questo».
I personaggi di Femmina sono tutti esseri umani sulla quale la vita è passata lasciando segni che la maggior parte di loro vorrebbe a ogni costo cancellare. L’assenza, dunque: d’altra parte cos’è la (illusoria) perfezione se non l’assenza di difetti?

Femmina De Luxe
Elisabetta Bucciarelli
PerdisaPop
128 pagine, 9 euro.

martedì 3 marzo 2009

Femmina de Luxe di Elisabetta Bucciarelli

Psychologies
Marzo 2009


Intervista a Elisabetta Bucciarelli

ScrittoriEmergenti.it
marzo 2009
Qui l'originale

Elisabetta Bucciarelli è una scrittrice e giornalista italiana. Diplomata in Drammaturgia presso il Laboratorio di Scrittura Drammaturgica del Piccolo Teatro di Milano. Come giornalista ha collaborato con diverse testate occupandosi di attualità, cinema, arte, psicologia. Lavora per Booksweb.tv, televisione culturale online. Ha collaborato alla stesura di testi teatrali e cinematografici (tra cui Amati Matti, Fame chimica), ed ha pubblicato i saggi “Io sono quello che scrivo”, “La scrittura come atto terapeutico” e “Le professioni della scrittura”. Autrice di noir e gialli, ha pubblicato i romanzi Happy hour, Dalla parte del torto e Femmina de luxe, oltre a numerosi racconti su riviste e antologie. Femmina de luxe ha vinto il premio 'Bloody Mary Award' per il miglior thriller pubblicato nel 2008 in Italia e assegnato dal sito tematico Thriller Cafè con voti di una giuria di scrittori professionisti, traduttori, editor e webmaster del settore.

Intervista a Elisabetta Bucciarelli 
Ci racconti un po' del suo approccio al mondo della scrittura. Quando e perché ha iniziato a scrivere?
C'è stato un tempo in cui avevo il desiderio di scrivere ma non sapevo né come né cosa avrei scritto. Ero veramente piccola. Credo fosse colpa di qualche insegnate di italiano che mi gratificava particolarmente con i suoi voti. Poi durante l'ultimo anno di liceo ho deciso che avrei fatto della scrittura il mio lavoro. Era una necessità, l'unica cosa che mi faceva stare bene. E iniziarono i problemi. Sono stata fortemente ostacolata da tutte le persone che avevo intorno, tanto che ho partecipato di nascosto al concorso per essere ammessa al laboratorio di drammaturgia della Civica scuola d'arte drammatica Paolo Grassi (Ex Piccolo Teatro di Milano). L'ho vinto e ho frequentato due anni a tempo pieno, mentre seguivo l'università contemporaneamente. Quella è stata la prima conferma ufficiale che avrei potuto pensare di scrivere davvero. Così a ventiquattro anni ho esordito con il primo testo teatrale e subito dopo con un paio di sceneggiature.

Quali sono i libri che le hanno dato la spinta necessaria per affrontare il mondo della letteratura dalla parte dell'autore?
Una scrittrice su tutte mi ha fatto capire che avrei dovuto seguire la mia strada a qualsiasi costo: Simone de Beauvoir. In uno dei suoi libri: Memorie di una ragazza perbene (Einaudi), racconta la sua consapevolezza di essere nata per scrivere con una limpidezza e un'ostinazione che ho sentito subito mie. Da un punto di vista formativo devo molto al teatro. Beckett,Shakespeare, Genet, Pinter. Ma anche alla poesia (quella vera), che è il luogo principe dove vado a cercare le parole quando mi mancano.

Sono passati quattro anni da quando è uscito il suo primo romanzo "HAPPY HOUR", ci racconti un po' come ha vissuto quel momento e le sensazioni che provava da scrittore emergente.
L'attesa è il ricordo feroce che ho. Un'attesa infinita, silenziosa, piena. Pensieri contrastanti e pieni di dubbi. Da quando ho scritto Happy Hour a quando è uscito sono passati 8 anni (la mia è una storia di buste spedite con dentro il manoscritto). Quando ho avuto la conferma che il libro sarebbe uscito quasi non lo riconoscevo più, ero già da un'altra parte come maturazione e come scelta tematica. Ho anche pensato di non farlo uscire, ma sarebbe stato veramente un gesto poco carino nei miei confronti.

Adesso è al suo terzo romanzo "FEMMINA DE LUXE "ed è in arrivo il quarto "IO TI PERDONO". Pensando a quando sgomitava da esordiente, crede che i concorsi letterari l'hanno aiutata ad emergere?
Non ho mai sgomitato, di solito un esordiente non lo fa. Aspetta conferme, si mette in dubbio, deve fare i conti con i desideri ma soprattutto con la realtà. Ho visto sgomitare autori al secondo o al terzo libro. Nel tentativo di emergere e di trovare una visibilità. E' a quel punto che vedi le cose più strane, le invenzioni per far parlare di sé a discapito dei libri. Credo che i concorsi possano essere utili quanto tutto il resto. Servono per rinforzare l'ego e avere l'illusione di essere presi in considerazione. Se parliamo dei concorsi per opere già in commercio solo i premi più grandi (Bancarella, Strega, Bagutta), spostano il numero di copie vendute. Questo perché un certo tipo di lettore lo raggiungi solo con una campagna mediatica forte. Se invece ci riferiamo a concorsi per esordienti, possono essere utili per farsi leggere. Se posso dare un consiglio guarderei prima la giuria e poi prenderei la mia decisione di partecipare o meno. Io ho partecipato a due concorsi. Nel primo, organizzato da La Repubblica, ho vinto un paio di Levi's (bellissimi). Nel secondo sono stata pubblicata in un'antologia di Stampa alternativa. Si chiamava Crimine. Le due cose non mi hanno portato nulla tranne il fatto in se stesso (e i jeans).

Il suo saggio "Le professioni della scrittura" è un manuale con molteplici indicazioni sulla scrittura in generale "romanzieri , giornalisti, copywriter, traduttori, sceneggiatori, parolieri". Perché non cita la poesia?
Grazie per la domanda. Sulla poesia ho scritto un volume a parte, che non ho mai pubblicato. La poesia è per me la forma letteraria più alta. L'Arte vera della parola. Quasi inarrivabile. Spero un giorno di trovare il coraggio per sperimentarla. Ma si deve riflettere, ascoltare, danzare, gioire, soffrire così tanto e così a lungo, si deve vivere più che scrivere, per avere il calibro necessario a comporre poesie. Non so quindi, se mi sarà concesso poetare, tendo a risparmiarmi per natura e soprattutto non sono ancora certa di avere quello scatto necessario e quasi divino del poeta.

Cosa le piace e cosa non le piace dell'editoria italiana?
In questo momento mi piace l'apertura verso gli scrittori italiani. per anni non è stato così. Siamo esterofili, si sa, ma molti autori di casa nostra meritano attenzione e finalmente hanno la possibilità di crearsi il loro pubblico. Questo è evidente se si frequentano i festival, non quelli dove il glamour vince sui contenuti e scatta la caccia all'autografo della star letteraria, intendo piuttosto quelli dove esiste una ricerca e un contatto diretto con il lettore. Lì non si scappa, elogi e critiche arrivano diretti come sciabolate. A qualcuno piace giallo, La passione per il delitto, il festival di Gavoi sono occasioni di questo tipo. Non mi piace sapere che molti libri appoggiati sugli scaffali portino una firma ma in realtà siano stati riscritti (o scritti del tutto da altri). Compreremmo mai un quadro di Picasso sapendo che l'ha realizzato un altro pittore?

Crede che l'auto pubblicazione possa essere un'alternativa agli editori?
No, mai. Credo che scrivere sia diritto di tutti, ma pubblicare debba essere la scelta di qualcuno. Non credo alle smanie di pubblicazione a qualsiasi costo. Mi fido, anche se con sofferenza, delle opinioni di chi guarda il mercato letterario da più tempo di me. Di chi ha letto molto di più, di chi sa distinguere una storia necessaria da una inutile. Ho fiducia che prima o poi se c'è talento e carattere, una voce, una storia vera che funzioni, questa troverà comprensione e il suo spazio sugli scaffali di una libreria.

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